Piero Dorazio (Roma 1927-2005), dopo essersi iscritto alla Facoltà di Architettura, è stato coinvolto in tenera età nella difficile evoluzione dell'astrattismo italiano del dopoguerra, già nel 1946 con Perilli, Guerrini nel "Gruppo Arte Sociale", Vespignani, Buratti, Muccini fino alla stesura del manifesto (1947) e alla mostra "Forma 1" con Consagra, Turcato, Accardi e Sanfilippo. Così, dalla fine degli anni '40 in poi, soggiornò e divenne attivo a Parigi e Praga, Harvard e Berlino fino al decennio 1960-1970, quando organizzò e diresse il Dipartimento di Belle Arti dell'Università della Pennsylvania, intervallato da menzioni importanti. Leggi la biografia completa
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La produzione artistica di Piero Dorazio è ancorata ai primi movimenti di ricerca astrattisti del secondo dopoguerra, i quali in diverse città italiane hanno trovato terreno fertile, dando origine a vere e proprie correnti come il MAC (Movimento per l’arte concreta) nella zona di Como, l’Astrattismo Classico a Firenze e Forma1 a Roma, di cui Dorazio è stato rappresentante insieme a Carla Accardi, Antonio Sanfilippo, Giulio Turcato, Pietro Consagra, Ugo Attardi, Mino Guerrini e Wladimiro Tulli.
La sua forma espressiva si è evoluta dalla fine degli anni ’40 sino ad attraversare tutto il secondo cinquantennio del ‘900 attraverso la ricerca, la definizione e l’ ulteriore evoluzione di un pattern segnico che definisce la tipicità della sua iconografia e che si iscrive dalla metà degli anni ’50 in poi nel solco della corrente teorizzata dal critico americano Clement Greenberg del Color Field (campitura di colore) che ebbe grande influenza nell’ambito dell’action painting americana, con cui Dorazio condivise la sua prima maturità artistica. La seconda metà degli anni ‘50 vede il ritorno alla pittura, dopo una piccola parentesi come scultore, e l’utilizzo del colore come forma universale di rappresentazione della luce. Le campiture sono assidue e nervose con effetti quasi divisioniste richiamando le influenze di Pelizza Da Volpedo (esempi di questa pittura sono le due opere presentate da Capitolium nel…). Verso la fine degli anni ’60 le campiture si distendono dimostrando una più precisa organizzazione dello spazio ed una maggiore attenzione alle emozioni generate dal colore e dalle forme. La pennellata, intensa e sottile nei reticoli, diventa larga e definita nelle bande colorate; quest’ultime contraddistinguono il successivo periodo artistico.
La condizione necessaria per poter approcciare un processo valutativo nei confronti di un’opera di Piero Dorazio è di avere la certezza della sua autenticità, che può essere accertata soltanto in presenza di una conferma sottoforma di certificato scritto da parte dell’Archivio Dorazio, situato in Via Appiani a Milano e diretto da Valentina Sonzogni.
Altre caratteristiche da considerare per determinarne lo specifico contesto storico dell’opera e la sua struttura tecnica sono la provenienza, le eventuali pubblicazioni e bibliografia, la tecnica, l’anno di esecuzione, le dimensioni e infine, ma non per importanza, lo stato di conservazione.
Dettagliare la storia di un’opera garantisce sempre una maggiore appetibilità commerciale, soprattutto in presenza di provenienze da collezioni autorevoli o di pubblicazioni ufficiali. I cataloghi generali sono due: il primo edito da Alfieri nel 1977 e curato Marisa Volpi Orlandini, il secondo pubblicato da Skira e in fase di pubblicazione (prevista per il 2024), curato da Francesco Tedeschi. Dorazio, inoltre, tra i molteplici traguardi raggiunti, ha partecipato a tre biennali di Venezia, alla seconda edizione di Documenta a Kassel e alla celebre mostra “The Responsive Eye”, tenutasi al Moma di New York nel 1965.
Nel caso di opere multiple (stampate su carta, tela oppure scolpite) si dovrà considerare con maggiore attenzione la tiratura che indica indiscutibilmente il numero di esemplari prodotti.
Una volta determinata la certezza dell’autenticità, dovranno essere rintracciati dati storici di vendite passate di opere che condividano con l’esemplare da valutare le stesse caratteristiche storiche, tecniche, e qualitative. Tali dati possono essere estrapolati con occhio esperto dai cataloghi e dai listini delle aggiudicazioni delle case d’asta ma anche dalle vendite private e di galleria che soltanto l’esperienza del valutatore professionista può conoscere.
Alla luce di queste considerazioni possiamo individuare alcuni scaglioni e parametri di valutazione che potranno permettere di individuare sommariamente il valore di un’opera. Solitamente la somma di questi fattori viene indicata con il nome di coefficiente che atro non è se non un indice numerico espresso in punti che andranno moltiplicati per le dimensioni dell’opera (identificate nella somma della base e dell’altezza) da valutare. Chiaramente soltanto l’intervento di un valutatore esperto potrà poi determinare o meno la validità dell’operazione.
L’andamento di Piero Dorazio nel corso degli ultimi dieci anni è stato caratterizzato da un trend di crescita ininterrotta fino al 2019 (anno dell’esplosione della pandemia) e da un secondo periodo di ripresa che nel 2022 ha prodotto i primi due risultati di asta di sempre sopra i 600.000 euro. I reticoli sono i soggetti più richiesti e quelli che hanno determinano le aggiudicazioni più importanti, a cui seguono in termini di richiesta le altre opere degli anni ‘60 e quelle degli anni ‘50. L’interesse del mercato per le opere del periodo successivo è maggiore relativamente agli esemplari più datati ma non registra differenze significative tra una decade e un’altra. Tale condizione indica un momento di buona maturità dei prezzi delle sue opere e uno stato della domanda ancora vivace. Data la consistenza storico culturale dell’artista e della sua costante presenza sul mercato non c’è motivo di pensare che non possa essere un buon investimento nel lungo termine, ma date le recenti evoluzioni il momento attuale si presenta ideale per la vendita soprattutto per chi ha acquistato non recentemente o ha ereditato.
Anni ’50: per le opere di medie dimensioni su tela il coefficiente può variare da 3.5 a 5 punti circa (per un’opera 50x70 per esempio la stima potrebbe variare da 40.000 a 60.000 euro. Per le opere su carta circa un terzo
Anni ’60: per le opere di medie dimensioni su tela il coefficiente può variare da 10 ai 16 punti circa (per un’opera 50x70 per esempio la stima potrebbe variare da 120.000 a 190.000 euro) per i reticoli e da 3 a 4 punti per gli altri soggetti (per un’opera 50x70 per esempio la stima potrebbe variare da 35.000 a 50.000 euro).Per le opere su carta circa un terzo
Anni successivi: per le opere di medie dimensioni su tela il coefficiente può variare da 1,5 a 3 punti circa (per un’opera 50x70 per esempio la stima potrebbe variare da 20.000 a 35.000 euro). Per le opere su carta circa la metà
Piero Dorazio (Roma 1927-2005), dopo essersi iscritto alla Facoltà di Architettura, è stato coinvolto in tenera età nella difficile evoluzione dell'astrattismo italiano del dopoguerra, già nel 1946 con Perilli, Guerrini nel "Gruppo Arte Sociale", Vespignani, Buratti, Muccini fino alla stesura del manifesto (1947) e alla mostra "Forma 1" con Consagra, Turcato, Accardi e Sanfilippo. Così, dalla fine degli anni '40 in poi, soggiornò e divenne attivo a Parigi e Praga, Harvard e Berlino fino al decennio 1960-1970, quando organizzò e diresse il Dipartimento di Belle Arti dell'Università della Pennsylvania, intervallato da menzioni importanti. Ha avuto mostre personali alla Biennale di Venezia nel 1960, 1966 e 1988. È apparso a Londra, New York e in gallerie in Svizzera e Germania. Nel 1974 si stabilisce a Todi, dove lavora e insegna presso l'Istituto Atelier di Ceramica Moderna e il proprio studio. Nei primi anni Ottanta la sua grande mostra al Musée d'Art Moderne di Parigi viaggia nei maggiori musei americani e termina alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma. Debutta a Tokyo e Osaka nel 1985 e nel 1986. Tra il 1993 e il 1996 ha ideato il progetto di eseguire cinquanta grandi mosaici nel sottosuolo romano di artisti internazionali.